mercoledì 6 marzo 2019

Quel che resta

Succede.

Che ti muovi fra la gente e ti senti altrove. Distante.
Senti di non appartenere a ciò che ti circonda. Al tempo che scorre ad una velocità diversa dalla tua, su un binario differente.
Non si tratta di noia o di ripetizione, no. Tutto, intorno è pieno di vita, vibrante, colorato, dinamico.
L'unica cosa immobile sono io, perno di questa giostra colorata, eppure così distante.
Così lontano e perduto. Il peso di mille anni sulle spalle.

Da bambino mi piaceva nuotare. L'acqua mi ammaliava. E la cosa che più mi divertiva era nuotare contro corrente. Spendevo tutte le mie forze per oppormi alle onde, alle correnti, ci andavo a sbattere più forte che potevo fino a che il fiato non era corto e la pelle rossa per gli schiaffi presi. Quanta vita in quel dolore, in quella fatica. E una volta arrivato al limite mi abbandonavo e mi lasciavo cullare, a riprendere fiato, per ritornare a riva. Una sospensione.
I rumori ovattati, la luce a coprire la vista, l'odore dell'acqua che non è mai uguale a se stesso. E quell'istante, a me, appariva più reale di tutto il resto. Senza inganno, senza forma se non quella mutevole dell'acqua, che è contenuto e non contenitore. Ed ero acqua anche io. Tutta quella vita appena trascorsa e così agognata appariva nulla, come mai esistita, così distante.

Piove. E mi lascio bagnare.
Fra le gocce scorgo traccia di quei colori, di quel vociare confuso e disordinato. La risata di qualche bambino lontano. I passi di corsa per non lasciarsi bagnare. Il luccicare dei neon che fra la pioggia sembrano lucciole impazzite. E tutto svanisce piano. Si allontana. Resta solo l'acqua.
Resto io, a prenderne la forma.

sabato 2 marzo 2019

Io

Come la fiamma di un cerino.
Che esplode, vibra e produce energia. Passione. Calore ed una luce intensa.
Poi d'improvviso. Una lingua di fumo bianco.

Buio.

E resti immobile, perduto.
Le pareti si fanno sempre più nere, le forze a mancare.
Non c'è volontà, non più desiderio. Nessuna luce, che la strada è perduta.
Una spirale di olio denso, salmastro e viscido che avvolge e trascina giù.

Shhh.

Niente che possa scandire il tempo. Nessun meccanismo, nessuna stagione.
Non alba né tramonto. Nemmeno l'eco dei passi vissuti.
Non il placido ondeggiare del mare a sollevare le membra, a consolare il pianto.

Io esisto.

martedì 26 febbraio 2019

Downside up

Sono un paio di notti che sogno. Mi capita ogni tanto ed ogni volta mi sveglio con un senso di inquietudine. Qual'è la parte giusta? Sono sogni complessi e lunghi, di cui non ricordo tutto ma non riguardano un avvenimento in particolare. E' come guardare da un oblò e vedere una specie di realtà parallela, rovesciata. Ci sono persone diverse da quelle della mia quotidianità, ma anche alcune di "questa parte". Solo che non sono identiche, so che sono loro ma si comportano diversamente, come avessero altra personalità. E come dicevo, non sogno accadimenti da smorfia, per cui giocare numeri. Piuttosto è come se spenta una luce se ne accendesse un'altra, un'altra vita che scorre nell'ombra di quella percepita. Mi ritrovo in luoghi sconosciuti e in situazioni diverse, quasi come fossi uno spettatore sollevato da terra, senza la percezione precisa di un corpo fisico. Come un fotogramma fuori sincrono, due passi indietro rispetto a dove sono, mi guardo di spalle. E se non riconosco quasi mai un momento preciso nell'entrare dall'altra parte, sempre mi accorgo del ritorno. Poco prima di svegliarmi penso "accidenti, proprio adesso." Vorrei continuare a sognare, vorrei scoprire di più, ma è come se ogni volta che mi sembra di cominciare a capire qualcosa puff.. ecco che tutto svanisce. E resta quella sensazione. Quell'inquietudine sottile. Quell'incertezza. Mi lavo la faccia con l'acqua fredda, mi guardo e al solito non mi riconosco. Dopo tanti anni che porto la stessa faccia dovrei poterlo fare credo. Come riconosco le persone che mi circondano. Come leggo nelle pieghe dei loro volti, nei solchi del tempo, nelle espressioni. E invece no. Non completamente. E se sposto leggermente lo sguardo oltre le spalle percepisco un altro me, fuori sincrono. Ma poi fingo di conoscermi, indosso quell'immagine e tutto ricomincia, almeno per un pò.

martedì 19 febbraio 2019

Chi

Non sono quello che ero ieri.
Non sono ancora ciò che sarò domani.
Sono qui. Adesso.

Ma chi?

Facile dire cosa si pensa di essere o di non essere. Si potrebbe andare avanti all'infinito e ogni giorno aggiungere un piccolo tassello, una nuova briciola. Come se potessimo davvero essere la somma di ciò che viviamo. Esseri in evoluzione continua e quindi incompleti. Non finiti.
Non mi convince.
E se invece fossimo già completi? Già pieni di tutto? Se tutto fosse in noi già presente e "funzionante"?
Sono questi miei pensieri? Sono la mano che si muove a scrivere sulla tastiera?
O sono colui che muove la mano, colui che produce pensieri.

Ma chi?

01:14

Tutto è uno, l’onda e la perla,
Il mare e la pietra.
Nulla di ciò che esiste in questo mondo
E’ al di fuori di te.
Cerca bene in te stesso
Ciò che vuoi essere poiché sei tutto.
La storia del mondo intero sonnecchia
in ognuno di noi.
Djalâl-ud-Din Rûmî

giovedì 14 febbraio 2019

E il naufragar m'è dolce

L'eco dei passi accompagna memoria 
in una grande casa vuota
Piena di fantasmi e polverosa
Piena di ombre e umida
che la pelle trema e rattrappisce.

Quante canzoni, quante emozioni
sembra di guardare un vecchio film
uno di quelli che prendono la bocca dello stomaco
e la intorcinano fino a farla implorare

Quanti volti immaginati 
parole sussurrate, dilaniate
odori evocati, anime sfiorate

Quanto di me, tanto di voi
ad accompagnare i miei passi incerti
in una danza priva di grazia
ora leggera, a tratti più grave

Cullarsi nel mare
in balìa della corrente
lasciarsi inghiottire e poi rigettare
e ritrovare vecchi attracchi
aggrapparsi a nuove funi

Forse il tempo è maturo
e il nulla... ancora colmo